Una pioggia
dalla plumbea volta
per scatenare un’alluvione di pensieri.
A piedi, per strade
od obesamente distesa su poltrone
purché possa anche tu
uomo comunemente solare, tendere l’orecchio
a quel dolce ticchettio di lento battere
o al veloce impetuoso scrosciare
di un temporale senza limpidità di forme.
Rimanere
con la faccia infinestrata
a guardare la città che si bagna.

Così sta il poeta
dall’alto delle sue nuvole
condensate a nuova soffice vaniglia
sulle quali sta a pensare
il verso più adatto
per questa o quell’altra occasione.

Ma quante notti,
               non hai dormito
pensando ad una luce nascosta,
ad un rumore assopito,
di fresche rose profumar l’aria
ardir dell’antico mar senz’onda.
S’inaspria la roccia nuda
            e il cupo ornamento vegetal,
il bosco piangea lacrime di pino,
l’aria s’offendea del poco rispetto uman;
e intanto in mezzo all’aia,
             un fiore appassito
                  ed un anatroccolo
                        già vecchio e stanco.

Dal profumo d’arance
ai rumori dell’inverno,
nell’azzurrognolo dei restauri,
e tra i tetti un gatto
e due camini fumanti,
bianco sentiero del cuore,
un telefonino risuona nella nebbia

Talvolta, penso a te
come qualcuna alla quale
darei fiori soltanto
Talvolta penso a te
come qualcuna alla quale
strapperei i fiori
appena regalati.

Il viadotto della libertà
a Shanghai non fa rumore,
e talvolta si picca per questo;

ma, nel silenzio delle cose
persevera il canto della Verità.

Sopporto
poco e male
la tua diffidenza
le tue asperità
le tue finte credenze
i tuoi inutili armadi.