Guardati attorno. Meravigliosa varietà
ti è dedicata. Dimmi che storie ti racconta
l’acqua, e non tacermele se fossero crudeli.
Abito il parco della villa, tra le chiome
degli olmi e la cavana. Vengo dai monti
dove l’acqua brilla, il nome che mi dan
di fata è Anguana. In alto, tra crepacci
e nevi, dimoro le fessure della roccia.
Chi ci cade ode i miei passi lievi,
del monte si fa parte goccia a goccia.
Ma son la fata dei pascoli e dei fiori,
sono quella che porta miele, latte e lana.
Miei i funghi e della resina gli odori,
col bello e brutto tempo sono Anguana.
Le anime belle mi vedono giocosa.
Chi teme se stesso, strega mi crede.
E sono forse l’una e l’altra cosa,
e pena e gioia all’umano che mi vede.
Quando l’acqua scorre, è la mia parola.
Il vento che soffia è il mio sussurro.
Son salice, viola tra le viole dell’aiuola.
Dell’alba il manto, come cielo azzurro.
Il più umile animale mi è destriero,
son gatto e topo, pavone o seleghetta.
Del cane ho il passo, che sia bianco o nero.
Ascolta cosa dice il mio gabbiano.
Traduci il verso della mia civetta.
Crescendo spesso ci s’insorda
e si diventa un po’ più tristi, tutti uguali.
Ma ragazzi e ragazze, ancora, a volte
capiscono il linguaggio di fiori ed animali.
Sia sogno o incubo, fammi parlare e parlami.
Donati una Malcontenta più fatata.
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