Il gruppo di ricerca formato da Paola Zambon (Università di Padova), Paolo Ricci (ASL Mantova), Alessandro Casula (Università Milano) ha concluso qualche tempo fa uno studio a Venezia e provincia che ha evidenziato un nesso di causa tra inquinamento da Diossina prodotto dagli inceneritori (per rifiuti industriali, ospedalieri e urbani) ed insorgenza di tumori in questa popolazione di residenti.
Pochi sono a livello internazionale gli studi pubblicati su questo problema.
Nelle arre studiate il rischio di essere colpiti da tumore è almeno 3 volte superiore a quello che “normalmente” si corre, fino a raggiungere le 20 volte nei comuni della Riviera del Brenta (circa 100 mila abitanti), maggiormente esposti alle emissioni degli inceneritori per effetto della direzione dei “venti prevalenti” che spirano da Nord-Est, cioè dal capoluogo veneziano. Il tumore in questione è il Sarcoma, una forma rara che però, quando è in gioco la Diossina, si comporta come “la punta di un iceberg” perché nasconde l’aumento anche di molti altri tipi di tumore.
Sintesi breve
La ricerca applica e sviluppa su più ampia scala il cosiddetto “protocollo Mantova” che nel 2000 consentì ancora a Paolo Ricci insieme a Pietro Comba ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità di evidenziare nei mantovani che abitano vicino al Petrolchimico della città (il fratello minore di quello di Marghera) un elevatissimo rischio di essere colpiti da Sarcoma. Un tipo raro di tumore che però, quando è in gioco la Diossina, si comporta come “la punta di un iceberg” perché nasconde l’aumento anche di molti altri tipi di tumore.
Infatti, la Diossina, o meglio le sostanze diossino-simili come precisa la ricerca, è un cancerogeno “toti-potente” proprio perché capace di colpire le cellule di tutti gli organi del corpo umano, anche in presenza di bassissime concentrazioni che si misurano in “picogrammi”, cioè in miliardesimi di milligrammo. Questo perché la Diossina è una famiglia di sostanze chimiche che si accumula facilmente negli organismi viventi entrando facilmente anche nella catena alimentare. Persiste per anni, anche dopo la cessazione della cause dell’inquinamento ambientale.
Lo studio veneziano per dimensioni, ricchezza di informazioni sulle concentrazioni ambientali di Diossina, livello di approfondimento ottenuto, colma le lacune del piccolo studio mantovano e ne precisa meglio le conclusioni scientifiche.
Il tipo di indagine epidemiologica prescelta
Come per Mantova, si è scelto il modello di studio tipo “caso-controllo” in cui:
- i Casi (174) sono tutti i soggetti colpiti da sarcoma dei tessuti molli nel periodo 1990-1996 con esame istologico verificato per ottenere la certezza della diagnosi.
- i Controlli (411) sono i soggetti non ammalati di tumore (in quanto non contenuti nel Registro Tumori Veneto nello stesso periodo) appaiati per sesso e per età rispetto ai casi (circa 3 controlli per ogni caso). Vengono estratti casualmente dall’anagrafe sanitaria degli assistiti retrodatata al 1990-1996.
Se l’ipotesi causale ‘diossina-sarcoma’ fosse vera, i casi (malati) dovrebbero avere livelli di esposizione cumulativa a diossina (attribuita da un modello matematico costruito a partire da dati tecnologici ed ambientali) più elevati rispetto ai rispettivi controlli (sani). Nessuna differenza se l’ipotesi fosse falsa. L’ipotesi è risultata vera.
Nelle arre studiate il rischio di essere colpiti da tumore è risultato almeno 3 volte superiore a quello che “normalmente” si corre, fino a raggiungere le 20 volte nei comuni della Riviera del Brenta (circa 100 mila abitanti), maggiormente esposti alle emissioni degli inceneritori per effetto della direzione dei “venti prevalenti” che spirano da Nord-Est, cioè dal capoluogo veneziano.
L’esposizione a Diossina è stata rilevante negli anni 1972-1986 quando nel territorio veneziano gravavano ben 34 inceneritori di rifiuti: 10 per urbani, 12 per ospedalieri, 4 per industriali, 7 emissioni industriali assimilabili agli inceneritori, 1 inceneritore extra-provinciale per rifiuti urbani ma confinante.
Oggi l’inquinamento si è molto ridimensionato, perché tanti inceneritori sono stati chiusi, ma i risultati della ricerca lanciano un “allarme preventivo” a tutti quei comuni in cui sono ubicati o si vorrebbero ubicare grossi inceneritori, spesso più per produrre e vendere energia nel tentativo di risanare le finanze locali in questa congiuntura sfavorevole.
SCHEDA DI SINTESI
La ricerca
In questi giorni si è conclusa a Venezia l’indagine epidemiologica sui sarcomi dei tessuti molli (STM) insorti nel periodo 1990-1996 tra gli oltre 400 mila residenti del territorio della provincia di Venezia più prossimo alla città lagunare:
- Venezia
- Mestre ed immediato entroterra
- Comuni della Riviera del Brenta
Lo scopo
Verificare la presenza di un rapporto di causa tra l’insorgenza di questo raro tipo di tumore e l’inquinamento ambientale da diossina prodotto dagli inceneritori per rifiuti di tipo:
- industriale
- ospedaliero (RO)
- solidi-urbani (RSU)
Perché i sarcomi
I sarcomi dei tessuti molli (STM) sono una forma rara di tumore (2 nuovi casi /anno ogni 100 mila persone) che soprattutto negli adulti sono riconducibili ad esposizioni ambientali a diossina. Quindi se la frequenza di questa neoplasia aumenta è molto probabile (non certo) che esista una fonte inquinante che libera diossina in ambiente, allo stesso modo in cui se aumenta la frequenza del mesotelioma della pleura è molto probabile che la fonte inquinante riguardi l’amianto e se ancora è quella dei tumori del naso l’inquinamento da ricercare è quello da polveri di legno e di cuoio.
I sarcomi dei tessuti molli si possono cioè definire una sorta di “neoplasia tracciante”, perché ci informa immediatamente della presenza di “una specifica causa” inquinante. La maggior parte dei tumori invece non ha questo potere, perché di solito riguardano organi che costituiscono il bersaglio “di tante cause”. Basti pensare al tumore del polmone che riconosce una molteciplità di cause: traffico, fumo di tabacco, amianto, combustione di sostanze organiche, ecc.
Perché la diossina
La diossina, nei suoi diversi abiti molecolari, è una sostanza che si accumula progressivamente nell’organismo animale che è dotato di scarse capacità di auto-difesa nei confronti di questo inquinante particolarmente resistente alla distruzione metabolica, come accade un po’ per tutti i derivati della chimica del cloro. In pratica si tratta di un tossico che una volta raggiunto l’organismo ci rimane per molto tempo, una proprietà seconda soltanto alle sostanze radioattive, come l’uranio che rimane secoli nelle matrici contaminate.
Se questa cosiddetta bio-accumulazione (1) -che può avvenire per via aerea, cutanea ed alimentare- riguarda poi una sostanza tanto tossica (2) come la diossina, si intuisce la ragione per cui anche piccolissime quantità (miliardesimi di milligrammo=picogrammi), possono costituire un grave pericolo per la salute umana, soprattutto per gli effetti a lungo termine come i tumori che insorgono dopo 15-20 anni dal momento dell’inizio dell’esposizione a questa sostanza cancerogena.
Ma accanto alla bio-accumulazione ed alla elevata tossicità, la diossina presenta un’altra temibile proprietà, a differenza di altri cancerogeni. Quella di aumentare la frequenza non soltanto di uno o pochi tipi di tumore (come l’amianto, il benzene, il CVM), ma dell’insieme di tutti i tumori maligni (3).
Questo significa che se un inquinamento da diossina è riuscito a rendere visibile, cioè misurabile, l’aumento di un tumore raro e specifico come i sarcomi dei tessuti molli, necessariamente ha contribuito anche ad aumentare il numero di tutti i tumori.
Ne consegue che il numero di tumori attribuibili a questa causa non riguarda solo un tumore raro come il sarcoma, ma la totalità dei tumori che seguono l’andamento di questo tumore raro, analogo quindi per significato alla “punta di un iceberg”.
Le ‘diverse maschere’ della diossina
Anche se nel linguaggio comune si parla di diossina riferendosi a quella particolare sostanza uscita esattamente 30 anni fa dalla fabbrica ICMESA di Seveso, in realtà di diossine ce ne sono tante.
Infatti, la diossina costituisce piuttosto una “famiglia” di sostanze chimiche accomunate da una struttura molecolare di forma simile a quella che ne possiede il maggiore potere tossico: la “Diossina di Seveso”, cioè la Tetra-Cloro-Dibenzo-para-Diossina (2,3,7,8 –TCDD).
Ciò che cambia è unicamente il ‘peso’ di questo potere tossico, dato dal numero e dalla posizione nello spazio degli atomi di cloro “agganciati” a 3 anelli concatenati che costituiscono il “nucleo” di tutte le diossine. I numeri “2,3,7,8” stanno quindi ad indicare la presenza di 4 atomi di cloro agganciati in una certa posizione sugli anelli.
In cima alla graduatoria si trova:
- la diossina di Seveso (2,3,7,8 –TCDD ) -ed a seguire
- altre 6 Poli-Cloro-Dibenzo-para-Diossine (PCDD);
- 17 Poli-Cloro-Dibenzo-Furani (PCDF), chiamati semplicemente Furani
- 10 (dei 209 esistenti) Poli-Clorurati-Bifenili (PCB)
Tutte queste sostanze, chiamate comunemente diossina, nella letteratura scientifica vengono indicate come “sostanze diossino-simili” (dioxin-like). Per poterle misurare tutte assieme nelle varie matrici (aria, acqua, suolo, sangue, alimenti, ecc.), tenendo conto del loro differente peso tossico, si trasformano in frazioni di “diossina di Seveso”, che viene posta uguale a 1, e poi si sommano. Il valore totale che risulta prende il nome di TEQ, cioè di “Tossicità EQuivalente” (alla diossina di Seveso).
Effetti cancerogeni della Diossina
La diossina è una sostanza classificata dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) della OMS nel gruppo 1 delle sostanze cancerogene, cioè il gruppo di quelle in cui le “prove” scientifiche sono più evidenti.
Studi più recenti (2004) hanno rafforzato questo giudizio evidenziando anche il cosiddetto rapporto “dose-risposta”. Anche nell’uomo infatti si è osservato come aumentando la dose di contaminazione a diossina (lavoratori esposti e popolazione di Seveso) aumenti parallelamente il rischio di ammalarsi di cancro, che tuttavia permane anche a bassissime dosi.
- Dopo 20 anni di osservazione cosa è accaduto a Seveso per quanto riguarda i tumori?
La probabilità di ammalarsi è aumentata:
- del 10% per un qualsiasi tipo di tumore nei maschi
- del 30% per il tumore del polmone nei maschi
- del 70% per i tumori del sistema emo-linfo-poietico (sangue) in entrambi i sessi
- del 140% per i tumori del retto nei maschi
- del 140% per i tumori del fegato nelle donne
- del 100% per i tumori della mammella nelle donne più esposte
- del 120% per i sarcomi dei tessuti molli
- Cosa è accaduto per i tumori a chi è vissuto nei quartieri inquinati dalla fabbrica Caffaro produttrice di PCB?
La probabilità di ammalarsi è aumentata:
- del 800% per i linfomi NH nelle donne
- del 50% per i sarcomi dei tessuti molli
(non esplorati altri tipi di tumore)
- Cosa è accaduto a Mantova per chi ha vissuto più vicino all’inceneritore del Petrolchimico?
La probabilità di ammalarsi è aumentata:
- del 3000% per i sarcomi dei tessuti molli
(non esplorati altri tipi di tumore)
Perché uno studio a Venezia su diossina e sarcomi
Tutte le indagini epidemiologiche finora condotte, in seguito alle note vicende del Petrolchimico di Porto Marghera, si sono sempre rivolte soltanto ai lavoratori (dove il rischio di morire di tumore è stato ampiamente documentato), mai alla popolazione generale.
A Mantova però, la ASL, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, ha puntato l’attenzione anche sulla popolazione generale e proprio sui sarcomi dei tessuti molli, evidenziando per i soggetti che vivono nei quartieri costruiti a ridosso del Petrolchimico di quella città -fratello minore dell’omologo di Porto Marghera- un rischio di ammalarsi di questo particolare tumore ben 30 volte superiore rispetto a quello che corrono i mantovani che abitano in altri quartieri un po’ più distanti.
Questo rischio è risultato significativamente correlato con la distanza tra abitazioni dei casi malati di sarcoma e camino dell’unico inceneritore dello Stabilimento chimico. L’ipotesi è l’inquinamento da diossina che certamente si è liberata per l’effetto della combustione di prodotti chimici contenenti cloro, come noto in letteratura.
Si tratta di uno studio, pubblicato nel 2003, che ha fatto molto scalpore con strascichi ancora irrisolti, perché all’epoca non erano disponibili a Mantova dati numerici sull’inquinamento da diossina.
Il cosiddetto “protocollo Mantova” che ha caratterizzato quella ricerca ha fatto però storia ed ha suggerito nel 2002 alle amministrazioni venete (Comune di Venezia, Provincia di Venezia e Regione) di applicarlo anche nella realtà veneziana, quindi diciamo su più ampia scala.
Infatti il territorio provinciale di Venezia, nel periodo 1972-1986, era occupato da ben 33 inceneritori a cui è stato aggiunto il grande inceneritore per rifiuti solidi urbani (RSU) di Camin (Padova) al confine con Venezia. Questa la suddivisione per tipologia:
- 10 per RSU
- 12 per rifiuti ospedalieri (RO)
- 4 per rifiuti industriali
- 7 emissioni industriali analoghe per tipo di combustione
- 1 inceneritore per RSU confinante
Vantaggi della situazione veneziana sotto il profilo della fattibilità scientifica della ricerca
- L’esistenza del Registro Tumori Veneto che copre quasi metà della regione Veneto per un totale di oltre 2 milioni di residenti (situazione unica in Italia), tra cui le ex-ULSS di Venezia, Mestre e Dolo (Riviera del Brenta), e che quindi poteva facilmente fornire il numero dei casi di sarcoma dei tessuti molli, classificati secondo il “protocollo Mantova”, ivi insorti nel periodo 1990-1996. Quello che avrebbe dovuto maggiormente risentire delle pregresse esposizioni a diossina occorse soprattutto negli anni 1972-1986.
Ricordiamo infatti che per i tumori il periodo di latenza, cioè il periodo che intercorre tra l’inizio presunto dell’esposizione e l’insorgenza della malattia, si aggira mediamente (salvo eccezioni) intorno ai 15-20 anni.
- L’esistenza di uno studio ambientale effettuato dal Settore Ambiente della Provincia di Venezia che ricostruiva storicamente i livelli di inquinamento atmosferico di alcuni inquinanti, tra cui la diossina, anche se limitato quasi elusivamente agli impianti industriali, trattandosi di uno studio di settore.
Essendo disponibile però la documentazione tecnica d’archivio riferita anche agli inceneritori per RO e RSU dell’intero territorio provinciale, lo studio è stato esteso a questi altri impianti. L’evoluzione successiva ha reso possibile la costruzione di un “modello matematico” che avrebbe consentito di attribuire ad un qualsiasi punto dello spazio, identificato con un sistema di assi cartesiane sul territorio provinciale, un livello di concentrazione di diossina, espressa in TEQ, come sommatoria del contributo fornito da tutti gli inceneritori funzionanti ad una determinata data. Quindi come si trattasse di un unico grande camino.
Questo significa la possibilità di calcolare l’esposizione cumulativa a diossina di un qualsiasi soggetto che, cambiando negli anni vari indirizzi di residenza, si sia mosso all’interno del territorio provinciale.
Principali Autori della ricerca a Venezia
-Paola Zambon, responsabile Registro Tumori Veneto Università di Padova
-Paolo Ricci, dirigente ASL Mantova e co-autore dello studio caso-controllo mantovano
-Massimo Gattolin, dirigente Settore Ambiente Provincia di Venezia
-Alessandro Casula, docente Politecnico Università di Milano
Il tipo di indagine epidemiologica prescelta
Come per Mantova, si è scelto il modello di studio tipo “caso-controllo” in cui:
- i Casi sono tutti i soggetti colpiti da sarcoma dei tessuti molli nel periodo 1990-1996 con esame istologico verificato per ottenere la certezza della diagnosi.
- i Controlli sono i soggetti non ammalati di tumore (in quanto non contenuti nel Registro Tumori Veneto nello stesso periodo) appaiati per sesso e per età rispetto ai casi (circa 3 controlli per ogni caso). Vengono estratti casualmente dall’anagrafe sanitaria degli assistiti retrodatata al 1990-1996.
Se l’ipotesi causale ‘diossina-sarcoma’ fosse vera, i casi (malati) dovrebbero avere livelli di esposizione cumulativa a diossina, attribuita dal modello matematico di cui sopra, più elevati rispetto ai rispettivi controlli (sani). Nessuna differenza se l’ipotesi fosse falsa.
La consistenza numerica dello studio
Esclusi i casi con diagnosi istologica non confermata e con storia di residenza in provincia di Venezia non compresa nel periodo di esposizione 1972-1986, alla fine lo studio si è basato su 174 casi e 411 controlli.
Grazie alla collaborazione delle anagrafi comunali, coordinate da quella di Venezia, per ogni caso e per ogni controllo è stata ricostruita l’intera storia di residenza e di abitazione, identificando in totale circa 2000 indirizzi.
Per ogni soggetto (casi e controlli) è stata attribuita una concentrazione di diossina totale come sommatoria di quella calcolata ogni anno per ogni rispettivo indirizzo.
Sintesi essenziale dei risultati dello studio
(di cui proprio in questi giorni si sta redigendo il rapporto finale)
Tutti i Casi e i Controlli studiati (174 + 411)
Esposizione media
< 32 anni |
CASI |
CONTROLLI*
(ca. 3 per ogni caso) |
OR
(valore di rischio) |
< 4 fentogrammi/mc |
10 |
41 |
1.00 |
4-6 fentogrammi/mc |
41 |
103 |
1.63 |
=>6 fentogrammi/mc |
15 |
26 |
2.79 CI° (1.044-7.44) |
Esposizione media
=>32 anni |
CASI |
CONTROLLI*
(ca. 3 per ogni caso) |
OR
(valore di rischio) |
< 4 fentogrammi/mc |
46 |
121 |
1.64 |
4-6 fentogrammi/mc |
42 |
94 |
1.87 |
=>6 fentogrammi/mc |
20 |
26 |
3.30 CI (1.24-8.77) |
OR: probabilità dei molto esposti di ammalarsi rispetto ai poco esposti. Se OR <=1 non c’è differenza di probabilità di ammalarsi tra molto e poco esposti; se OR >1 c’è differenza di tante volte quanto più cresce il valore di OR.
CI°: limite di confidenza (se il valore inferiore del limite è >1 il risultato OR è statisticamente significativo al 95%)
- Il valore del rischio (OR) aumenta con l’aumentare dell’esposizione fino quasi a triplicarsi nella classe più alta di esposizione media =>6 fentogrammi/mc e durata =32 anni dove raggiunge la significatività statistica.
- A parità di esposizione, ma con durata =>32 anni i valori di rischio aumentano ed il valore di rischio diventa maggiore di 3 volte sempre rimanendo statisticamente significativo.
Vuol dire che la probabilità di ammalarsi di sarcoma di un soggetto molto esposto è di oltre 3 volte più elevata rispetto ad un soggetto meno esposto, quindi l’ipotesi ‘diossina-sarcoma’ a Venezia è ampiamente confermata
Casi e Controlli solo con residenza nella ex-ULSS di Dolo ( Comuni della Riviera del Brenta)
Esposizione media
< 32 anni |
CASI |
CONTROLLI*
(ca. 3 per ogni caso) |
OR
(valore di rischio) |
< 4 fentogrammi/mc |
5 |
34 |
1.00 |
4-6 fentogrammi/mc |
2 |
2 |
9.47 CI (0.70-126.1) |
=>6 fentogrammi/mc |
10 |
3 |
17.78 CI (2.98-106.2) |
Esposizione media
=>32 anni |
CASI |
CONTROLLI*
(ca. 3 per ogni caso) |
OR
(valore di rischio) |
< 4 fentogrammi/mc |
12 |
60 |
1.55 |
4-6 fentogrammi/mc |
9 |
4 |
18.71 CI (1.60-218.2) |
=>6 fentogrammi/mc |
11 |
44 |
20.77 CI (1.815-237.6) |
Qui il rischio cresce sempre al crescere dell’esposizione sia rispetto alla esposizione media che alla durata della stessa, ma raggiungendo valori molto più elevati (a due cifre) e statisticamente significativi anche rispetto al trend, in linea quindi con lo studio di Mantova.
La verifica della posizione e dell’attività lavorativa di ciascun caso e di ciascun controllo ha escluso che esposizioni di tipo professionale potessero fornire spiegazioni alternative alla residenza tali da giustificare in altro modo l’incremento del valore di rischio (OR).
Commento
- Lo studio evidenzia un elevato rischio di sarcoma dei tessuti molli causato da una esposizione media a diossina (TEQ) dell’ordine di alcuni fentogrammi (miliardesima parte di un micro-grammo), confermando quindi l’estrema pericolosità di questa sostanza, per la quale ogni limite rimane sempre troppo alto.
- Questi valori di rischio e queste concentrazioni di diossina mettono in discussione tutti gli inceneritori di grande portata (basse concentrazioni ma elevate emissioni), anche se costruiti con tecnologia più avanzata (come il mega-inceneritore di Brescia).
- Lo studio dimostra come il rischio più elevato si trovi in una località (Riviera del Brenta) molto distante dalle maggiori fonti inquinanti, ma che viene raggiunta da queste per effetto della direzione dei venti prevalenti e dell’altezza dei camini che, disperdendo i fumi, li fanno ricadere più lontano.
- La decisione di costruire un inceneritore non può riguardare soltanto il comune in cui è ubicato, perché, paradossalmente, potrebbe essere proprio il meno interessato dal suo inquinamento.
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