Poesia sciamanica, Poesia Olistica, Shiatsu Poesia



Shiatsu Poesia - Esercito quella che negli anni novanta ho battezzato shiatsu poesia, che significa andare a massaggiare con le parole l’anima del territorio, di cui siamo parti infinitesimali. Con l’agopuntura, se ci duole la testa, magari l’applicazione vien fatta al calcagno, così per far evolvere la coscienza di e su Marghera oltrepassando con la poesia le maglie della censura ho distribuito parole a Venezia, e per far evolvere Venezia magari le ho lette a Mestre. Credo che la parola contenga una propria potenza trasmutativa e ritengo – a confronto con l’esperienza fatta nell’ambito dei media ufficiali – che la poesia possa curare la comunicazione, restituirle la funzione di reciproco scambio non solo verbale. È difficile, ma non impossibile, mantenere ancorata la poesia al suo senso originario, alla direzione che l’emittente voleva imprimere: avviene quando c’è un ambito poetico protetto, quando c’è chi non avvilisce la comunicazione poetica e riesce a proteggerla con calore affettivo creando vera comunità poetica. Ma a volte, per urgenza, lo si può fare a proprio rischio, individualmente, in base al principio omeopatico della maggior efficacia della minor dose. In questo senso parlo del prezzo della poesia, un prezzo che si paga tutto fino in fondo. Ma è attiva anche l’operatività dell’analogia (Così in alto, così in basso) tra il piccolo e il grande.

Poesia Olistica - La definizione che da Madre Marghera in poi uso per la mia poesia è poesia olistica: esprimo ciò che sento, il dolore per la distruzione della laguna, ad esempio, come distruzione di una parte di me, una dimensione microcosmica non disgiunta dal macrocosmo. Non possiedo un io separato da ciò che mi circonda. Per questo ho rifiutato nel tempo, per questa mia poesia, la definizione di poesia di denuncia (se denuncio vado direttamente in procura e allora mi occuperò di un oggetto divenuto alieno, senza poter davvero sanare il danno), di poesia civile (civis come cittadinanza afferente ad un impero, personalmente mi identifico nella selva più che nell’urbs) o di poesia impegnata (non basta firmare una petizione per essere impegnati, troppo facile ritrarsi). Ascoltando il dolore e coinvolgendo altri/e nell’ascolto, la poesia ricrea l’unità perduta, ci dà ragione di ciò che avviene a livelli profondi e quindi può ricomporre il dolore, individuandolo e sanandolo. Questa è per me la vera azione politica, in questo senso parlo di poesia come azione politica riferita alla piccola comunità originaria della polis, dove la parola poteva aver senso. Per farlo oggi in dimensione più ampia, dobbiamo allargare – quando ci riusciamo e doverosamente senza prender partito – lo spazio della polis dentro di noi. Dalla poesia sull’identità sono passata alla poesia del territorio e quindi a quella di viaggio, per arrivare alle astrali, spesso lavoro sul mito rifondandolo con azione mitopietica. Ma è un percorso di andate e ritorni, non del tutto lineare. 





 










Poesia sciamanica – Nel 2009 ho preparato un questionario sulla poesia chiedendomi se tutti i poeti sono coscienti di attingere o se comunque attingono all’Anima Mundi. Intendevo quelle poesie che ti escono d’improvviso, quasi dettate, con una logica interna tale che non possono essere migliorate, il ritocco diventa peggiorativo, insomma quelle veramente ispirate (non so da chi né da cosa). Ad esempio, il ‘Dove eravate’ di Madre Marghera, lo scrissi per strada su un tovagliolino, ed è rimasto inalterato: era la voce del vero. Volevo ragionare su questo. Il questionario non ebbe alcun successo, me lo restituivano quasi in bianco. Lorenzo Spinazzi, ideatore e organizzatore del Festival Internazionale della Poesia in Venezia a fine millennio, mi disse: “Quella è poesia sciamanica”. Questa è la prima volta che uso il termine da lui impiegato riferito alla mia poesia, e, sottolineo, solo ad alcune delle mie composizioni. Lo faccio per indicare la qualità differente del processo creativo, così come per la ‘Benedizione degli Animali’, scritta nel 2011 perché c’era un parroco che non li voleva benedire e allora fui io a benedirli così, o nelle ‘Sette Canzoni per l’Anguana’, uscite  di getto in rima senaria poco tempo prima della fondazione del Cerchio planetario delle Donne in Valganna e utilizzate appena nate durante la fondazione del cerchio.  

Per quanto riguarda me personalmente, credo sia giusto quello che ho detto nel 2006 nel video Santiago/Venezia, quando me l’hanno chiesto: “La poesia è uno di quei doni, che non è detto sia permanente, che a volte ti vengono fatti a recupero di cose magari dolorose”.

                                   Antonella Barina


 
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